A distretto delle notizie che arrivano soprattutto dalla Cina dove il superamento del carbone come alimentazione dell’energia elettrica e termina sembra tutt’altro che superata, buone notizie sembrano arrivare dall’Europa e in particolare dal nostro paese. Se è vero che tutte le ultime indagini e gli studi più recenti di chi sta analizzando, anno dopo anno, i rischi dell’effetto serra e del riscaldamento globale vengono imputati proprio al carbone, resta da capire in che maniera superare questa fase e trovare alternative che siano virtuose e non impattanti. Vediamo quindi come si sta muovendo l'Italia sul tema della decarbonizzazione.

Europa in fortissimo ritardo sulle scadenze della decarbonizzazione

La data di scadenza individuata è quella del 2030: per allora il mondo dovrà avere imparato ad abbassare i propri consumi e la produzione di CO2 nel tentativo di mantenere al di sotto dei due gradi la soglia del riscaldamento globale. È una sfida che riguarda tutto il pianeta e che molto spesso viene disattesa se non addirittura ignorata dalle grandi aziende che hanno interessi enormi a fare in modo che la produzione non cambi.

Tuttavia in queste ultime settimane si è registrata anche una notizia confortante: secondo uno studio di Farm Europe che ha messo sotto lente d’ingrandimento i PNIEC, i Piani Energia-Clima – c’è proprio il nostro paese tra i punti di riferimento da prendere a esempio. Farm Europe ha analizzato con estrema attenzione tutti i 28 PNIEC che dovevano essere concretizzati entro la fine dell’anno. Si tratta di una serie di protocolli molto ampi e variegati che riguardano questioni agricole, energetiche e ambientali ma anche i trasporti. Il primo obiettivo era quello di superare soprattutto l’utilizzo del carbone per la produzione elettrica e il riscaldamento/raffreddamento.  I dati non erano buoni: già nel 1990 si parlava di un decarbonizzazione definitiva, e allora l’utilizzo era del 15%. Oggi in Europa è salito addirittura al 25%.

Italia e Finlandia virtuose nella decarbonizzazione: ma non abbastanza

Tuttavia dall’analisi di Farm Europe è emerso anche che il nostro paese, per una volta, risulta tra i più virtuosi in assoluto: l’Italia, insieme alla Finlandia, è l’unico paese che è riuscito a presentare un piano coerente che porta a un progressivo abbandono del carbone come risorsa da sfruttare e all’utilizzo di un gran numero di tecnologie e di sostanze rinnovabili. Un ottimo risultato anche se non basta certo a rilanciare quelli che sono le prospettive europee. Si tratta di uno sforzo che senza alcuna attuazione concreta diventa del tutto inutile.

Troppo carbone: la scadenza del 2030 incombe

Farm Europe ribadisce infatti che nessun PNIEV contiene un calcolo preciso dei costi di abbattimento delle emissioni e tantomeno una graduatoria delle varie opzioni di decarbonizzazione sulla base dei costi e che pur se Italia e Finlandia fanno meglio di tutti gli altri, anche qui ci si ferma ad alcune indicazioni di teoria. Servono insomma piani adeguati, rapidi e soprattutto eseguibili in tempi decisivamente veloci. Anche l’Italia è invece bocciata insieme ad altri quattordici paesi per non aver svolto un’adeguata consultazione sul PNIEC ritenuta importante per definire “piani adeguati e attuabili ben accolti e compresi dagli operatori e dai cittadini”. I calcoli approssimativi di Farm Europe concludono che la spesa media per la riduzione di una tonnellata di CO2 nel settore del trasporto e del riscaldamento è superiore ai 500 €: “Ben oltre rispetto a quella di altri comparti energetici, in cui i 100 €/ton CO2 sono ormai un livello normale”. A livello di Paese, si va dai 225 €/ton CO2 della Finlandia ai 772 €/ton CO2 di Cipro, Portogallo e Svezia, con l’Italia in settima posizione a 406 €/ton CO2.

La totale decarbonizzazione del  settore dei trasporti entro il 2030 rimane una sfida che sulla carta sembra molto difficile da poter conseguire soprattutto se i progressi restano così lenti e così poco uniformi sul territorio europeo. La Farm Europe in questo senso chiama anche l’UE a una maggiore sorveglianza: “Se nel prossimo decennio la Ue ignorerà ancora il settore dei trasporti – è scritto nella relazione - non avrà alcuna possibilità di rispettare gli obblighi dell’Accordo di Parigi”e la scadenza del 2030 resterà lettera morta.