Alcuni dati: la questione ambientale nel corso del 2019 ha portato non solo un gran numero di emergenze di grande portata e una stagione forse mai così drammatica sul fronte dell’ambiente e del clima. Da più parti si dice che l’anno che si sta per chiudere è stato il più caldo dal secondo dopo guerra: ma il 2019 è stato anche un anno che ha portato una leader dei movimenti ambientalisti sulla copertina del Time come personaggio dell’anno, si tratta ovviamente di Greta Thunberg, e un gran numero di contenuti e di testimonial su questo argomento. Paradossalmente qualcuno sostiene che ci siano più Influencer che Follower. E su questa stessa lunghezza d’onda si è espresso anche uno dei più autorevoli editorialisti del New York Times, il professor David G. Victor.

Molti opinionisti ma poche persone disposte a seguire le opinioni

Victor è docente di relazioni internazionali alla University of California di San Diego. Da tempo studia il fenomeno dei social network e dei leader internazionali cercando di dare un’identità, e soprattutto una quantità di seguito, alle idee che fluttuano on line e che ogni anno spostano decine di milioni di consensi e opinioni. Il fenomeno di Greta Thunberg è indubbiamente clamoroso ma di fatto è anche l’espressione di un disagio che la rete sa interpretare perfettamente. Tuttavia… “leadership non significa avere un seguito – scrive Victor nel suo editoriale che riguarda i portavoce ambientalisti - mi pare evidente che stiamo vivendo un momento di empasse per quanto riguarda i contenuti che riguardano il clima. Ci sono molti, forse anche troppi convegni e forum; moltissimi portavoce, un gran numero di influencer. In compenso ci sono pochi follower. Troppe le voci in capitolo, poche le orecchie che ascoltano”. 

Un problema comune che non viene avvertito dalla grande massa

Il fatto che Madrid non abbia portato ad alcun risultato rende ancora più interessante quest’analisi: la pressione dei leader non è riuscita a spingere il dissenso popolare a un punto tale da costringere i politici a una presa di posizione forte. Victor parla anche di un calo di credibilità dei forum sul clima: “Sono dei grandi festival nei quali si alternano i pareri dei soliti leader e le proteste più o meno spettacolari dei gruppi ambientalisti. Ma la vera massa, quella che vive costantemente on line e si informa attraverso i social network, dove sta? Al momento è proprio la massa che si rivela assente. Quando nel 1990 le Nazioni Unite cominciarono a lanciare l’allarme sul cambiamento climatico le città e i paesi considerati a rischio occupavano il 34% del pianeta. Ora la situazione riguarda tutti, nessuno escluso eppure non sembra che la gente comune abbia davvero deciso di prendersi carico del problema con un atteggiamento maturo che risponda a quelle che sono le richieste dei portavoce ambientalisti”. 

L’argomento ambiente è un argomento di marketing che serve al business

L’ambiente insomma è diventato anche un fenomeno di marketing che alimenta l’azienda dell’editoria, il business di convegni dibattiti e quello delle ricerche universitarie. Ma all’atto pratico l’atteggiamento della persona comune è quello di chi continua a vivere esattamente come viveva prima, senza rinunciare alle sue comodità, agli sprechi e a consumi eccessivi che finiscono per richiedere una quantità sempre maggiore di energia. Di qui la conclusione di David G. Victor: “Nessuno può nascondersi dietro a dati di fatto e avere sempre più leader che chiedono azione non significa che la gente comune agisca per il meglio. Fatti i leader mancano i follower, e chi fa la differenza in questo genere di battaglia la differenza la fa la massa e non l’opinionista”.