“L’energia è qualcosa che si trova allo stato puro e che può essere sfruttata sempre e comunque, a patto di avere le competenze e le conoscenze necessarie. In un domani non troppo lontano sono certo che non saremo più così dipendenti dal carbone o dal petrolio e che la soluzione al problema della necessità di energia si possa presentare più facilmente di quello che potremo immaginare”.

Lo disse Albert Einstein nel 1951, quattro anni prima di morire: viveva già a Princeton e in un paese che non aveva ancora uno sviluppo di aziende mediatiche così come quello che conosciamo oggi, Einstein si poteva definire una star di livello assoluto. La sua foto era una delle più popolari del paese e le sue posizioni erano spesso oggetto di discussione in una federazione che non era ancora completamente risanata dai rigurgiti del razzismo.

Einstein aveva dedicato tutta l’ultima parte della sua esistenza allo studio del flusso di energia. Gli USA vivevano di petrolio e tutte le sue aziende più importanti erano o società petrolifere o automobilistiche: la sua dichiarazione sull’energia disponibile autonomamente e gratuitamente creò non pochi problemi allo scienziato che, dal canto suo, non si curava minimamente di avere nemici potenti e ricchi. A Princeton la decisione dello scienziato di fare da mecenate a un giovane studente di colore cui aveva pagato la carissima retta dell’università aveva destato scalpore.

Un flusso enorme di raggi gamma arriva dal cuore della galassia

Quando Einstein pensava a energia fruibile a basso costo e per tutti ovviamente parlava del sole: i suoi primi studi sull’energia del sole e l’intercettazione delle radiazioni solari erano vecchi di vent’anni e non potevano certo contare sui mezzi che conosciamo oggi. Ma Einstein si soffermò a lungo anche sull’energia molto più misteriosa dei buchi neri, delle stringhe spazio temporali tornando tra il 1948 e il 1955, anno della sua scomparsa, agli studi su fotoni e energia quantica che avevano animato la prima parte della sua ricerca di scienziato. Einstein aveva studiato da vicino anche i raggi gamma. Una fonte potentissima di energia che lo spazio sta offrendo e che è anche relativamente vicina a noi. Gli astronomi del MIT, il Massachusetts Institute of Technology, hanno recentemente intercettato un generoso flusso di raggi gamma proprio nel cuore della nostra Galassia. Raggi prodotti forse dalla creazione di qualche nova o generati dalla cosiddetta ‘massa oscura’.

Il mistero dei raggi gamma e la loro natura

Capire come questi raggi possano essere percepiti dai nostri strumenti è difficile; capire da dove arrivino è ancora più complesso. Ipotizzare come possano essere sfruttati è almeno per ora quasi impossibile. Ma è un dato di fatto che questo flusso di raggi gamma, forse una delle sorgenti più ricche di energia che arriva dal cosmo, si estenda per non meno di 5.000 anni luce e si allarghi in tutte le direzioni dal nucleo della Via Lattea. I primi studi risalgono al 2015 e sono cominciati proprio a Princeton, la facoltà di Albert Einstein: i primi scienziati descrissero questo fenomeno come un faro, una fonte che con un’intensità variabile e a impulso irradiava una quantità enorme di energia.

Princeton e il MIT hanno continuato le loro osservazioni ed effettuato altri calcoli fino a elaborare nuove teorie: “Abbiamo utilizzato un nuovo modello, che apre le porte alla massa oscura - ha spiegato la coordinatrice del progetto a Boston, Tracy Slatyer – al momento quello che possiamo ipotizzare è che questo eccesso di raggi gamma al centro della Via Lattea possa essere dovuto a collisioni all'interno di una nuvola di materia oscura. Una collisione che genera energia in modo straordinariamente ricco e diffuso. Il nostro lavoro ora è quello di dare un perché credibile a questo fenomeno. Quanto all’intercettazione di pura energia spaziale siamo all’alba di qualsiasi esperienza. Ma l’intuizione di Einstein, e dunque che qualsiasi energia potesse essere intercettata e sfruttata è ovviamente valida”.