Nell’ambito di uno sviluppo green per la protezione ambientale, il percorso che oggi le Nazioni Unite hanno intrapreso porta alla transizione energetica. Con questa espressione si intende il passaggio dall’utilizzo di fonti non rinnovabili a quelle rinnovabili, così da ridurre le emissioni di anidride carbonica che derivano, per esempio, dal consumo dei combustibili fossili, le principali fonti non rinnovabili utilizzate dall’uomo per produrre energia. Queste risorse sono state finora sfruttate in maniera sconsiderata e hanno portato gravissime conseguenze a livello ambientale: per rallentare e frenare questo processo occorre passare all’utilizzo di un sistema energetico sostenibile, che possa fondarsi unicamente sulle fonti di energie rinnovabili.

Tra i diversi obiettivi da raggiungere per avvicinarsi al traguardo prefissato vi è sicuramente l’accelerazione del processo di decarbonizzazione: si tratta di un’azione decisiva per la salvaguardia del futuro e che, grazie anche ai recenti accordi delle Nazioni Unite, sta assumendo sempre più importanza anche a livello aziendale.

Che cos’è la decarbonizzazione? 

Prima di osservare come la decarbonizzazione sia sempre più al centro delle politiche ambientali, occorre analizzarne le principali caratteristiche. Dal punto di vista tecnico, la decarbonizzazione è un processo chimico volto a ridurre il rapporto tra carbonio e idrogeno nelle diverse fonti di energia e, quindi, la produzione di anidride carbonica.

All’interno di una Nazione, dunque, perfezionare il processo di decarbonizzazione significa ridurre, nel tempo, il rapporto tra le emissioni del singolo Paese e le quantità di energia consumata. Per i livelli di effetto serra ormai raggiunti, non è più sufficiente utilizzare fonti fossili contenenti una minore concentrazione di carbonio, come, per esempio, i gas naturali, ma è ormai necessario aumentare l’impiego di fonti rinnovabili, capaci di ridurre drasticamente le emissioni di CO2. 

Tale decisione è stata avallata dai recenti accordi delle Nazioni Unite, tra i quali rientrano soprattutto gli Accordi di Parigi del 2015, nei quali viene stabilito l’impegno a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C (o 1,5°, se possibile) rispetto ai livelli pre-industriali. Parallelamente, nello stesso anno, è stata anche sottoscritta da 193 Paesi delle Nazioni Unite l’Agenda 2030: si tratta di un piano per lo sviluppo sostenibile, contenente 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030.

In ambito aziendale, poi, con il termine decarbonizzazione si intende applicare delle politiche che hanno il compito specifico di ridurre le emissioni di CO2: queste possono comportare anche la conversione di attività che producono anidride carbonica in attività che non ne producono o, comunque, ne producono una quantità decisamente minore.

La decarbonizzazione in Italia 

L’Italia è uno dei Paesi che ha preso parte agli accordi visti sopra, assumendo l’impegno di ridurre drasticamente i livelli di inquinamento da anidride carbonica. A tal proposito, il processo di decarbonizzazione è stato preso in considerazione con decisione proprio negli ultimissimi anni: con il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030), infatti, l’Italia ha stabilito le modalità con cui dovrà raggiungere gli obiettivi europei fissati per il 2030. Tra i diversi percorsi proposti, la decarbonizzazione sembra avere un ruolo chiave, specialmente attraverso il miglioramento del settore elettrico, che dovrà essere basato prevalentemente sulle fonti rinnovabili.

In questi anni si è acceso un intenso dibattito proprio riguardo a queste ultime: in molti, infatti, hanno sottolineato come i grandi impianti eolici o fotovoltaici, in Italia, comportino numerosi problemi, anche di tipo ambientale. Secondo Enrico Mariutti, autore del libro “La decarbonizzazione felice”, l’impiego di generatori di piccole dimensioni, per esempio ad uso domestico, sembra invece presentare unicamente vantaggi, tra i quali:

  • Prezzo: per lo Stato è molto più conveniente incentivare l’autoconsumo piuttosto che la produzione su scala nazionale. Questo perché il prezzo di acquisto dell’elettricità è decisamente superiore rispetto a quello pagato dalla rete ai produttori;
  • Ciclo naturale: i generatori di piccole dimensioni, soprattutto quelli eolici, si inserirebbe agevolmente nelle città, ovvero in contesti ambientali già notevolmente modificati dall’uomo. Questo significa che non occorrerebbero ulteriori interventi da parte dell’uomo all’interno dei paesaggi naturali;
  • Protagonismo delle industrie: l’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista all’interno della produzione di questi impianti, migliorando, così, anche il mercato lavorativo delle industrie.

Gran parte del processo di decarbonizzazione in Italia, poi, potrebbe passare attraverso lo sviluppo della cosiddetta mobilità low carbon: si tratta di incrementare lo sviluppo di automobili elettriche, ibride o a idrogeno, oltreché incentivare l’utilizzo di mezzi pubblici ecologici. Lo sviluppo di veicoli a basse emissioni di carbonio è dimostrato essere non solo un vantaggio ambientale decisivo, ma anche uno strumento economico fondamentale. In un recente studio intitolato “Fuelling Italy’s Future: Come la transizione verso la mobilità a basso contenuto di carbonio rafforza l’economia”, vengono sottolineati quattro vantaggi economici decisivi:

  • Risparmio dei cittadini: il costo medio di esercizio di un’auto, infatti, diminuirà nel tempo, con il risparmio di ben 900€ all’anno nel 2030. Questo processo è favorito dai costi decisamente inferiori sia del carburante, sia della manutenzione del veicolo;
  • Impatto sulla salute: ridurre i fattori inquinanti significa anche avere un impatto decisivo sulla salute dei cittadini, salvando una grande percentuale di vite, per un valore di 10,5 miliardi di euro nel 2030;
  • Opportunità lavorative: lo studio sottolinea poi come adottare questo tipo di soluzione porterà alla creazione di 19.000 nuovi posti di lavoro nel 2030 e 50.000 nel 2050;
  • Risparmio per il Paese: il nuovo paradigma sostenibile, infine, garantirebbe un risparmio cumulato di circa 21 miliardi di euro entro il 2030 e ben 377 miliardi entro il 2050, grazie ai tagli delle importazioni di petrolio.
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Azioni per decarbonizzare il pianeta 

Gli ultimissimi sviluppi della politica ambientale hanno portato l’Unione Europea a fissare un nuovo termine dagli obiettivi ambiziosi ma necessari: raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questa espressione comporta una decarbonizzazione profonda di tutti i settori, con la graduale eliminazione di tutti i combustibili fossili, compresi i gas naturali, che dovranno essere impiegati per non più del 20% del mix energetico totale. Per raggiungere l’obiettivo prefissato, l’Europa intende stimolare notevolmente gli investimenti sull’idrogeno e sull’elettrico, oltreché incentivare la produzione locale di biogas.

Il documento che regola le azioni di politica ambientale dell’Unione Europea è il Green Deal europeo, stipulato tra i paesi membri all’inizio del 2020. Con questo recentissimo accordo l’Europa intende essere il primo continente a impatto climatico zero e, oltre a non emettere più gas a effetto serra entro il 2050, verrà anche perseguito l’obiettivo di sviluppare una crescita economica dissociata dall’uso delle risorse. Nel Green Deal europeo, dunque, viene stabilito un piano d’azione volto sia a promuovere un uso efficiente delle risorse - così da favorire un’economia pulita e circolare -, sia a ripristinare la biodiversità, per ridurre l’inquinamento. Per raggiungere questi obiettivi, sono state stabilite alcune azioni decise, tra cui:

  • decarbonizzazione del settore energetico;
  • investimenti in tecnologie rispettose dell’ambiente;
  • sostentamento dell'industria nell’innovazione;
  • maggiore efficienza energetica per gli edifici;
  • introduzione di forme di trasporto privato e pubblico più pulite

Decarbonizzazione: l’economia circolare

Si è già osservato come l’impiego efficiente delle risorse sia al centro del Green Deal europeo, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questa strategia fa parte di una visione economica decisiva per raggiungere la decarbonizzazione stabilita, ovvero l'economia circolare, un sistema economico pensato per potersi autorigenerare, garantendo così la propria ecosostenibilità. Per quanto concerne l’applicazione al settore ambientale tale modello, che chiaramente prevede l’utilizzo di fonti rinnovabili in luogo di combustibili fossili, si fonda su alcuni fondamentali pilastri:

  • Energie rinnovabili: come si è già anticipato, l’utilizzo di fonti rinnovabili è uno dei principi base dell’intero modello. Una simile soluzione, infatti, significa soprattutto minimizzare l’apporto di materia ed energia in ingresso e limitare gli scarti e le perdite che potrebbero influire negativamente sull’ambiente;
  • Riciclo: si tratta del riutilizzo di materie prime estratte dai prodotti di scarto, così da salvaguardare e sfruttare al meglio ogni singolo elemento. In questo processo rientra anche il recupero di rifiuti e il riuso di acque e terreni; 
  • Estensione della vita utile: sempre nell’ottica di un riuso, le aziende dovrebbero costantemente incrementare un sistema basato sull’utilizzo di un prodotto o di un servizio fino al reale esaurimento della sua utilità. Ciò significa, per esempio, rigenerare un prodotto partendo dal recupero di elementi già usati una prima volta. Ma non solo: estendere la vita utile vuol dire anche progettare i nuovi prodotti in modo che siano facili da riparare, oppure garantendogli una manutenzione preventiva così da allungare il loro ciclo di vita.

È chiaro come questo modello, adottato sempre più nelle singole aziende, possa contribuire in maniera decisiva all’abbassamento dei gas serra, favorendo una politica green e, allo stesso tempo, economicamente vantaggiosa.