Se c’è un paese che ha sofferto in modo drammatico l’instabilità politica ed economica di questi ultimi anni, è stata la Grecia. Ad Atene ne sono successe di tutti i colori: una consistente perdita di credibilità presso l’UE, una crisi occupazionale e sociale senza precedenti, una disperata ricerca di liquidità e di investitori che ha portato anche a situazioni difficili e a qualche rischio internazionale. Soprattutto nel caso dello sfruttamento delle risorse del sottosuolo.

I finanziamenti per la Grecia

Di fronte alla impossibilità di fare fronte ai costi di uno sfruttamento delle proprie risorse in termini di gas e petrolio, non poche e nemmeno scarse, a causa di un conto economico nazionale che sfiorava la bancarotta, Atene ha avuto un’unica soluzione. Lasciare fare a chi aveva soldi e risorse e incassare quanto più possibile. Una politica di concessione di licenze che molti a Bruxelles hanno severamente contestato perché davvero troppo generosa. Tuttavia, anche il nuovo governo presieduto da Mitostakis sta seguendo questa strada. E se da una parte firma con la Banca Europea impegni per raccogliere finanziamenti e investire nel settore dell’eolico e dell’energia rinnovabile, dall’altra svende ai colossi degli idrocarburi i propri giacimenti.

Le ultime licenze parlano di concessioni lasciate ai francesi della Total e all’americana Exxon che hanno anche indispettito le due principali compagnie nazionali di commercializzazione di combustibili, la

Greek Petroleum e la Repsol-Hellenic Petroleum Consortium che sono state battute dalle compagnie global grazie a offerte molto più ricche.

Dall’altra parte le energie rinnovabili: ma con quali fondi?

Il governo ellenico è improvvisamente diventato ricco grazie a queste spregiudicate operazioni? Decisamente no: le concessioni, firmate per diversi anni, sono remunerative ma il loro introito sprofonda nel mare dei debiti del governo e di fatto non crea nulla, né posti di lavoro né prospettive. Kyriakos Mitsotakis è un liberal conservatore che guarda con estrema preoccupazione alla immobilità del mercato greco, uscito malissimo dagli ultimi grandi investimenti internazionali per le Olimpiadi e da un fallimentare ingresso in Europa.

Di conseguenza cerca di portare a casa quanti più soldi possibili: ultimamente l’Europa ha concesso 700 milioni di euro che la Grecia dovrà investire in parchi eolici ma si sa già che parte di questi soldi sono stati dirottati su facilities diverse che dovrebbero rendere più fruibili le vecchie infrastrutture per i porti e i gasdotti. Strutture votate a gas e ai carburanti di estrazione fossile.

La Tesla pronta a finanziare nuovi progetti in Attica e Tessaglia

Insieme alla Grecia gli investimenti riguardano Stati Uniti, Francia, Spagna ma anche Cipro: cosa che ha mandato su tutte le furie il governo di Ankara perché la Turchia non tollera di avere vicino, e proprio in casa di un nemico giurato come quello greco, investimenti di questo tipo su un mercato che vogliono presidiare in modo massiccio. La Grecia continua a impegnarsi molto per convincere Bruxelles della propria credibilità sui progetti fotovoltaici, eolici, a biomassa/biogas e centrali idroelettriche.

Ma sono cose che costeranno molto più di quanto verrà coperto dai finanziamenti europei e per le quali la Grecia non ha sufficienti coperture. Senza contare le infrastrutture. È vero che numerose aziende, con la Tesla prima di altre, guardano alla Grecia come la location ideale per sviluppare industrie e tecnologie. Ma tutto resta molto incerto.

Investimenti in Grecia che infastidiscono la Turchia

Mitsotakis, spesso ospite in Germania di aziende e della Banca Centrale punta sulle molte abbandonate e inerti per piazzare nuovi impianti solari. Ovviamente se qualche colosso straniero se ne occuperà da un punto di vista industriali. In questo caso arriveranno altre concessioni. Sul piano petrolifero la Grecia ha attualmente in essere nuove concessioni marittime e terrestri e con l’ultima ratifica il totale sarà tredici. Troppe secondo la Turchia che ha avanzato una protesta ufficiale inviando con una spericolata azione di rottura la sua nave Oruts Reis, scortata dagli incrociatori della Marina turca, per una serie di operazioni non proprio legali di perforazione all’interno della zona economica esclusiva. Ankara da tempo rivendica i giacimenti al largo dell’isola greca di Kastellorizo e la cosa potrebbe portare a nuove tensioni che Bruxelles in qualche modo dovrà cercare di dirimere.